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Le analisi e le riflessioni svolte nei numeri precedenti de La Vita, in merito allo stato dell'arte del tessuto
economico e sociale della provincia di Pistoia dal dott. Colomeciuc, da Daniele Gioffredi e da Piero
Bargellini, stimolano un dibattito di qualità, che spero possa proseguire anche in altre forme e, sopratutto,
spero possa portare tutti gli attori interessati, istituzionali e non, a condividere una nuova chiave di sviluppo
per il nostro territorio.
Il presidente della Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia Colomeciuc ha delineato un quadro
analitico e limpido di quello che è il panorama non soltanto locale, ma dell'intera regione, e da qui ritengo
opportuno si debba iniziare la riflessione.
La vera premessa di questa riflessione sta nelle parole pronunciate da Papa Francesco, in un intervento a
Firenze il 10 novembre 2015: “non siamo in un'epoca di cambiamenti; siamo in un cambiamento d'epoca”.
La Toscana, con l'inizio della crisi strutturale del 2007/2008, ha visto incrinarsi le direttrici fondanti di quello
che era stato il suo modello di sviluppo storico. Il territorio Pistoiese, storicamente più denso di piccola
impresa subfornitrice, ha subito questo colpo in misura maggiore.
Sul lato del mercato la crisi economica e l’incertezza globale hanno determinato difficoltà tangibili nella
manifattura e nell’edilizia (che per anni ha avuto su Pistoia uno sviluppo probabilmente sovradimensionato),
così come le crisi bancarie hanno irrigidito il pur sano sistema bancario. Sul fronte pubblico, la forte e
continua riduzione delle risorse per gli enti locali hanno messo in difficoltà gli investimenti pubblici e
l’erogazione di servizi. Di tutto ciò ne ha fatto le spese anche il forte sistema cooperativistico. Nel corso di
pochi anni, si è avuto su questi fronti un tracollo pesante, che ha finito per incrinare un modello di sviluppo e
di sostenibilità tipico del nostro territorio.
Le Istituzioni pubbliche, a seguito della crisi economica e delle conseguenti ristrettezze di bilancio, non
sono state più in grado di garantire finanziamenti e si sono trovate a ridimensionare le risorse per
l'erogazione dei servizi sociali, a fronte di una costante crescita delle esigenze e delle istanze di parte delle
comunità.
Il sistema bancario, e in particolare il sistema del credito cooperativo, come ricordava anche il dott.
Colomeciuc, affrontano un percorso di riforma importante e di ristrutturazione. Dall'altro lato la banca più
antica al mondo, di origine senese, subisce un crollo con la bolla dei subprime, amplificando le sofferenze di
un modello che già cominciava a scricchiolare (per utilizzare un eufemismo).
Il modello economico e cooperativistico, venendo meno la leva pubblica e quella bancaria, non riesce a
emanciparsi e tende a ripiegarsi su stesso, in una spirale complessa e senza fine, che ha lasciato molte
“vittime” lungo l'arco di questi dieci anni.
Oggi la Toscana e Pistoia in particolare, a sua volta, hanno il dovere di riscrivere e delineare una nuova
chiave di sviluppo, il ruolo del pubblico e della politica è doverosamente di coordinare e delineare assieme
agli attori economici una nuova strategia che guardi ai prossimi decenni.
Da questo punto di vista, concordo a pieno sia con il presidente della Cassa di Risparmio di Pistoia e della
Lucchesia sia con Daniele Gioffredi, della Cgil Pistoia, sul fatto che gli attori istituzionali debbano facilitare e
indicare, tramite un percorso condiviso e collegiale, un nuovo paradigma di crescita, economica e sociale. In
questi decenni, a fronte di una condizione radicalmente diversa, si è ritenuto che alcune riforme locali si
potessero rimandare o comunque posticipare. Il tempo oramai è scaduto e rischiamo di essere già in ritardo,
ma niente è perduto se sapremo svolgere un lavoro di medio-lungo periodo, anche e con l'ausilio di attori
fondamentali come la Fondazione Cassa di Risparmio.
Il territorio di Pistoia deve, innanzi tutto, tornare a essere attrattivo per gli investimenti, sia quelli già in essere
che quelli nuovi. Le Istituzioni locali devono, quindi, porre le condizioni concrete e fattuali affinché questo
possa avvenire senza infingimenti e senza contraddizioni.
A partire da una concezione degli enti locali come soggetti in grado di produrre sì efficienza e una sempre
richiesta semplificazione amministrativa e burocratica, ma anche una forma di governo in grado di produrre
scelte efficaci in funzione di obiettivi chiari, condivisi e ben specificati. Essere oggi riformisti, e non soltanto a
parole, significa realizzare una serie di misure che non sono più rimandabili.
Penso, per esempio, all'uniformazione e all'omogenizzazione dei regolamenti amministrativi sull'imposizione
fiscale o agli strumenti urbanistici. Per le aziende del nostro territorio, che rappresentano da decenni il
baricentro e il volano dell'economia locale, come il vivaismo o la piccola e media manifattura, non è più
accettabile doversi confrontare con regolamenti e norme locali differenziate da Comune a Comune.
Parlare di scelte efficaci significa anche ripartire da una seria analisi e conoscenza dei vantaggi competitivi
del nostro territorio: manifattura (cogliendo le grande opportunità di fare sintesi con un’industria moderna
come Hitachi Rail), vivaismo, turismo e opportunità del territorio peculiari e non banali in un contesto di
eccellenza e conosciuto come la Toscana. Pensare in questo senso al ruolo degli enti pubblici come
strumenti di coesione, evitando ambizioni “dirigistiche” ma puntando su quella “spinta gentile”, la capacità di
indirizzo coordinata che ha ben formalizzato Richard Thaler, premio Nobel dell’economia 2017.
Si è parlato spesso di Piani Strutturali d'area. Oggi è il momento di procedere in tal senso, mettendo le
strutture politiche e amministrative all'opera, affinché le politiche di governo del territorio in zone affini e
limitrofe, come la piana pistoiese o la montagna e la Valdinievole, siano omogenee e riescano a disegnare
una visione di sviluppo, con le rispettive destinazioni d'uso delle varie aree, olistica ed organica.
Ritengo, altresì, che Pistoia Capitale italiana della Cultura 2017, come ricordato anche nell'ultimo documento
programmatico del Partito Democratico antecedente alle scorse elezioni amministrative, non debba ridursi a
essere un volano di crescita e di visibilità soltanto per il comune capoluogo, ma, anzi, possa essere
un'opportunità concreta di sviluppo per l'intera provincia. Perché il nostro territorio, che racchiude al suo
interno bellezze artistiche, paesaggistiche e culturali, non ha niente da invidiare ad altre province vicine a
noi.
Così come penso che la semplificazione amministrativa passi anche da una ferrea riorganizzazione degli
assetti istituzionali dei nostri comuni. La provincia di Pistoia si è distinta positivamente con la fusione dei
comuni della Montagna Pistoiese, passando da quattro a due, incrementando notevolmente le risorse le
acapacità di esprimere pianificazione e strategie per territori più vasti. Come ho avuto modo di dire in più di
un'occasione pubblica, questo risultato non rappresenta un punto di arrivo, ma l'inizio di un percorso che
dovrà vederci ancora partecipi e protagonisti, con alla testa i sindaci e i nostri amministratori.
Le Unioni dei Comuni, penso a quella della Montagna Pistoiese e a quella della Valdinievole, che possono
rappresentare uno stadio intermedio di percorsi riorganizzativi più radicali e complessi, devono essere
messe nelle condizioni di funzionare e di operare, avendo a disposizione il personale e le risorse necessarie
per erogare le funzioni a loro assegnate. E proprio su questo tema, anche in modo autocritico, ritengo che si
debba fare di più e con maggior coraggio, lasciando da parte dispute e diffidenze che sono lontane dagli
interessi collettivi delle nostre comunità locali.
Infine, Pistoia deve essere pensata in un quadro che non può che essere quello dell'area metropolitana della
Toscana centrale. Il mondo globalizzato, oggi, vede le città e le regioni come attori principali dei processi di
sviluppo, venuti meno il ruolo e il peso degli Stati Nazione.
A fronte di tutto questo mi chiedo: ha senso che oggi, a legislazione vigente, il sindaco di Sambuca Pistoiese
o di qualsiasi altro comune di piccole dimensioni abbia le stesse prerogative e funzioni di quello di Milano,
Napoli, Bologna o Firenze? Credo sia semplicemente anacronistico. Per questo ritengo che a livello
metropolitano, strutturando e rafforzando il percorso avviato nel precedente mandato consiliare, Pistoia e
Prato debbano condividere un unico modello di sviluppo, che faccia delle diverse caratteristiche economiche
un elemento di forza e di complementarità, e che guardi sia al capoluogo di regione, Firenze, sia al versante
della Lucchesia.
Le sfide che stanno dinnanzi a noi, e mi rivolgo a rappresentanti economici, politici, sociali ed istituzionali,
sono complesse e ambiziose, ma solo se le affronteremo insieme, con un'unica visione di territorio,
riusciremo a farvi fronte per il bene e la crescita delle nostre comunità.